Andamento e prospettive di un mercato in crescita
Gli analoghi della carne, che nel mercato anglosassone sono anche noti come “meatless meat” (letteralmente, “carne senza carne”), nel corso degli anni hanno continuato a guadagnare popolarità. Spesso elogiati come più sani e più ecologicamente sostenibili, questi prodotti esercitano un forte appeal sui consumatori sensibili alle tematiche ambientali e di salute. Tuttavia, complice un marketing a volte ambiguo, c’è spesso confusione e incomprensione sulle fonti di queste proteine vegetali e su quanto siano effettivamente sane.
Fermo restando che oggi l’industria delle alternative vegetali alla carne ha ampi margini di crescita, le aziende di settore devono affrontare diverse sfide cruciali.
Innanzitutto, la ricerca di formulazioni e tecnologie capaci di migliorare il profilo organolettico, la salubrità e l’impatto ambientale di questi alimenti.
In secondo luogo, il contenimento dei costi di produzione e vendita.
Infine la promozione: i nomi sulle confezioni e le strategie di marketing hanno un impatto non trascurabile sul pubblico, e in particolare sulla clientela non vegetariana.
Alternative vegetali alla carne: fra tradizione e innovazione
Nonostante la recente crescita del mercato di settore, in realtà le alternative vegetali alla carne hanno alle spalle una storia lunga secoli. Alcuni dei prodotti più popolari tra vegetariani e salutisti sono consumati da centinaia di anni.
- Diventato popolare nel mondo occidentale solo nella seconda metà del XX secolo, il Tofu nasce in Cina nel secondo secolo grazie a una particolare lavorazione dei fagioli di soia. Chi dice che non sa di niente fraintende la vera peculiarità del tofu, ovvero la sua capacità di esaltare i sapori degli ingredienti con cui viene cucinato o servito.
- Ancor più ricco di proteine è il Tempeh, creato in Indonesia a partire da semi di soia fermentati.
- Il Seitan invece non è fatto con la soia, ma con farina di frumento. Nella cucina asiatica è conosciuto almeno dal XIV secolo, ma la sua consistenza simile a quella del pollo lo ha reso popolare anche in occidente. Chiamato anche muscolo di frumento, può essere servito con salsa di soia o spezie per arricchirne il sapore.
In anni relativamente recenti, l’aumento del numero di vegetariani e vegani (oggi meno del 10% della popolazione statunitense) ha dato impulso alla produzione di diversi prodotti a base di proteine vegetali. Al tempo stesso, anche fasce di consumatori tradizionalmente insensibili al richiamo dei veggie burger hanno iniziato ad avvicinarsi al mondo green, richiedendo però prodotti diversi e più simili alla carne.
- Popolari ormai da decenni, i veggie burger surgelati o da banco frigo sono proposti in numerose varianti che spesso includono piante ricche di proteine come fagioli neri, soia, piselli proteici o ceci.
- Più di recente, il mercato dei prodotti a base vegetale ha iniziato ad allargarsi puntando anche ai carnivori, molto più numerosi rispetto ai soli vegani e vegetariani. Per rendere le carni senza carne appetibili a questi consumatori, è stato fondamentale cercare nuove ricette e consistenze dei prodotti, ma anche compiere uno slittamento linguistico. La definizione “a base vegetale” risulta infatti più attraente per i consumatori intimoriti dalle “parole che iniziano con la V”.
- I ricercatori continuano a lavorare per soddisfare i consumatori che amano la consistenza e il sapore di manzo, pollo, maiale e così via, ma vogliono ridurre il consumo di prodotti animali. L’ultima frontiera oggi è la riproduzione di cellule viventi tramite stampanti 3D. Le bistecche create in laboratorio senza sacrificio animale potrebbero rappresentare una rivoluzione epocale. I consumatori più sensibili al benessere animale e alle questioni ambientali – e meno alle questioni di costo e salute – potrebbero sicuramente considerarle una valida alternativa alla carne.
Come vedremo, questi due argomenti – salute e ambiente -sono i pilastri fondamentali attorno a cui si imperniano le campagne di promozione e marketing delle alternative vegetali alla carne.
Alternative alla carne: due ragioni alla base della loro popolarità
La popolarità della “carne senza carne” si può ricondurre principalmente a ragioni di ordine ambientale e di salute.
L’argomento ambientale è stato e continua a essere cruciale nel marketing delle alternative vegetali alla carne. Lo stereotipo sulla nocività ambientale della produzione di carne animale (soprattutto carne rossa) si è ampiamente consolidato negli anni. Le emissioni di gas serra, l’uso di enormi quantità di terra e risorse idriche hanno danneggiato l’immagine dei produttori di carne.
Tuttavia, vi è da dire che non tutte le carni animali sono uguali: un grande stabilimento industriale ha un impatto diverso rispetto alle piccole aziende a conduzione familiare. Inoltre, se è vero che l’impatto ambientale di questi prodotti in genere è minore rispetto a quello della carne bovina, la loro produzione richiede comunque un notevole impiego di energia. Il loro processo di lavorazione produce sicuramente più emissioni rispetto a cibi semplici e non trasformati come frutta, verdura e legumi.
Nel 2020, il Comitato consultivo per le linee guida dietetiche ha stabilito che le diete a base vegetale sono più salutari per le persone, favorendo l’aumento del consumo di alternative alla carne. Tuttavia, anche l’argomento della salubrità è vero solo in parte. Sebbene alcune carni di origine vegetale abbiano meno grassi rispetto al manzo, la maggior parte è significativamente più ricca di sodio e aromi artificiali.
Tendenze del mercato: carne tradizionale vs. carne senza carne
Oggi, la carne di origine vegetale sembra avere davanti a sé un futuro luminoso, favorito anche dagli sforzi della ricerca per renderla sempre più sana e gustosa. Tuttavia, se qualcuno guadagna fette di mercato, qualcun altro ne perde. Parliamo naturalmente degli allevatori che hanno avuto bisogno di sostegno da parte della politica e dell’economia, soprattutto nelle zone rurali.
Durante la pandemia di COVID-19, le persone hanno avuto più tempo a disposizione per cucinare in casa e hanno dimostrato maggior interesse verso alimenti considerati più “salutari”. La chiusura degli impianti di lavorazione della carne ha causato l’aumento dei prezzi dei prodotti di origine animale. Parallelamente, i produttori di ortaggi hanno tagliato i prezzi, creando così la tempesta perfetta per rendere più competitivi i loro prodotti e sostenere la crescita della carne vegetale.
Tutti questi fattori hanno contribuito all’aumento della domanda di proteine di origine vegetale. È sempre più evidente che questa tendenza di consumo non è una moda passeggera, ma un settore consistente dell’industria alimentare. Lo dimostrano in particolare le alternative al settore lattiero-caseario, affermate ormai da anni, e oggi temibili concorrenti del latte tradizionale.
Alternative vegetali alla carne: identikit dei consumatori
Sebbene solo una piccola percentuale di americani si identifichi come vegetariani o vegani, nel 2020 più della metà delle famiglie americane ha riferito di aver acquistato almeno una volta un prodotto alternativo alla carne o ai latticini. Probabilmente questa tendenza è stata in parte favorita dal cambiamento linguistico operato dai marketer: l’adozione diffusa del termine “vegetale” sulle confezioni – in luogo di “vegano” o “vegetariano” – potrebbe aver favorito l’acquisto da parte dei non vegetariani.
Ma chi sono i consumatori paradigmatici di questi prodotti? La ricerca indica che i tipici acquirenti di alimenti a base vegetale sono:
- Consumatori di età compresa tra 35 e 44 anni;
- Consumatori laureati;
- Famiglie con bambini;
- Famiglie con reddito superiore a $ 100.000.
Rispetto allo scorso anno, la quota complessiva di famiglie che acquistano prodotti a base vegetale è aumentata solo del 4%. È vero che le vendite in questo settore hanno registrato un’impennata (rispetto al 2019 le vendite di carne vegetale sono aumentate del 45% e le vendite di latte vegetale del 20%), ma è altrettanto vero che per alcuni di questi prodotti si è partiti da zero o poco più. Inoltre, il 2020 è stato un anno insolitamente buono per i supermercati a causa del panico da acquisti e dell’aumento della cucina casalinga.
Dunque, nonostante la sua notevole crescita, il settore dei prodotti a base vegetale rappresenta ancora una parte minoritaria del consumo generale.
Prospettive e spunti di riflessione
Mentre la maggior parte delle start-up del settore ha iniziato offrendo prodotti costosi e di nicchia, con l’obiettivo di ridurre i costi nel lungo periodo, l’approccio premiante potrebbe essere un altro. Come sottolineano i dati di consumo, ridurre i costi di produzione dall’inizio della filiera e quindi abbassare i prezzi al consumo è l’unico modo per aumentare il numero di consumatori di alternative vegetali alla carne.
Le vere sfide che oggi deve affrontare l’industria dei prodotti a base vegetale sono:
- Migliorare il sapore dei prodotti, in modo da renderli appetibili a fasce di consumatori non salutisti e non vegetariani.
- Ridurre i costi di produzione e i prezzi di vendita, per fare in modo che diventino accessibili a tutti quei consumatori che hanno budget di spesa ridotti.
- Allargare l’offerta: oltre agli hamburger e alle salsicce senza carne, c’è spazio per alternative vegetali al pollo o al pesce, le cui condizioni di allevamento non sono certo più confortanti di quelle degli animali più grandi.
Con il sostegno appropriato dei responsabili politici, l’industria alimentare ha il potenziale per essere più sostenibile sia per gli agricoltori che per i consumatori. Al tempo stesso, la politica e l’economia non possono trascurare le condizioni degli allevatori tradizionali, danneggiati dalla recente crescita della carne vegetale. Le politiche di sostegno adottate e da adottare spaziano dall’introduzione di pratiche agricole più sostenibili sino all’accompagnamento nella transizione verso altri tipi di attività.
Fonte: Kenny Tortorella, “The state of the plant-based food industry” – www.vox.com